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250° BEETHOVEN A VIENNA: GIOIA AMARA



Sopra: mascherina viennese covidtime


 

Se a Vienna Strauss è popolare come il pollo arrosto, e Brathendl infatti viene definita l’epoca dorata in cui tanti avevano da mangiare e a suon di musica - pure la giovane borghesia -, Beethoven è forse il suo più illustre figlio adottivo. Quest’anno poi  è più celebre di Haydn, uno dei suoi maestri, di Mozart e di Schubert. Inevitabile dunque che, come la città natale di Bonn, anche la capitale austriaca approfittasse del 250° anniversario della nascita. In Germania putroppo  le manifestazioni in suo onore sono state lacerate dal covid; meno, forse, in Austria. Dove in "zona Cesarini" lo si omaggia  in primis  ante omnia con “Beethoven Moves”, una curiosa mostra d’arte contemporanea di opere e installazioni commissionate e site specific che valorizzano la strabordante  collezione del Kunsthistoriches Museum. Ecco un pianoforte appeso al soffitto che sputa martelletti e tasti e chi richiama certe installazioni di Maurizio Cattelan, di Idris Kahn alcuni spartiti cancellati alla Emilio Isgrò, una carrellata di incisioni di Goya (los Caprichos) coevo del compositore, la scultura di John Baldessari dove un bronzeo corno gigantesco si appoggia a un enorme orecchio di gesso bianco a ricordare la sordità sofferta dal creatore della sonata Waldstein.

Sopra e sotto 2 installazioni della mostra Beethoven Moves al Kunsthistorisches Museum

Sopra: monumento a Maria Teresa e Kunshistoriches Museum


E’ d’altronde tipico di Vienna il contrasto tra tradizione, culto del passato e tendenze alternative. Contrapposizioni a volte ben coniugate come al Mak, il museo delle arti applicate dove ogni sala zeppa  di mobili e oggetti d’epoca - anche di stile proto-Biedermeier conosciute da Ludwig - è stata allestita  con estro da giovani architetti, a volte meno come nella rifatta e allargata casa-museo fuoriporta di Beethoven  in Probusgasse al 6 ad Heiligenstadt  (ingigantita da 40 a 265 metri quadrati), la stessa dove vergò  il suo sconfortante testamento ai fratelli nel 1802, che nel freddo allestimento gonfio di video e busti addobbati ha perso l’atmosfera di un tempo emanata solo da un fortepiano e da poco altro. Ora è divisa a “stazioni”. Il cortile è rimasto come era.


Sopra: Brusatti ex direttore della Musik Sammlung e sotto pirmo violino dei Wiener Philarmoniker


Figlio di un "tenore alcolizzato" ai bordi del Reno dove nacque il 17 dicembre del 1770 imparò sì a suonare grazie al sensibile e coscienzioso  Christian Gottlob Neefe ammiratore  di JSB ovvero Johann Sebastian Bach formatosi a Lipsia - allora mecca tedesca della musica - ,  e a Bonn pure spese 22 anni senza grandi protettori, eccelsi maestri, grandi viaggi (solo un tour a Rotterdam dove a 11 anni vide per la prima e ultima volta il mare e un salto Vienna nel 1787 durante il quale forse conobbe Mozart); ma né vi eseguì grandi concerti né, "piccolo e tozzo dal collo grosso e l'ossatura atletica, il viso largo color rosso mattone, i capelli irti e gli occhi infossati" compose inediti pentagrammi a parte il virtuoso "Concerto in mi bemolle maggiore" e l'orchestrale "Sonata in mi bemolle maggiore". Vienna fu tutto per Beethoven e la città può raccontarlo.

Cominciando dalla fine, ossia da Baden bei Wien raggiungibile in tram dal Ring.



Sopra e sotto (2 foto)  Baden Bei Wien


Sotto: statua del principe Eugen



Beethoven semisordo e sofferente di dolori reumatici, comuni all’epoca,  “passò regolarmente le acque benefiche  di  Baden bei Wien”,  divenute Imperiali ai tempi di Francesco Giuseppe, soggiornando nelle estati del 1821, 1822 e 1823 in Rathausgasse 10 dove  scrisse le parti essenziali della Nona sinfonia. Il cuore del borgo compresa la casa beethoveniana è in perfetto stile Biedermeir, da manuale: sobria, la Rathausgasse curva a coda di serpente colorata di arancio, grigio, seppia.




    

Sopra a ankeruhr  musicale stile Secessione e a destra colonna dlla peste; sotto: Haus der Musik dipinto su vetro

Sopra la buca dell'orchestra alla Opern Haus e sotto  concerto in costume alla Schubert Haus


Dall'autunno 2014 nella Beethoven Haus è stato ricavato un museo interattivo dove si possono ascoltare i suo componimenti anche isolando i vari strumenti (solo i fiati, solo gli archi…).

Gli ultimi anni  di Beethoven coincisero con un periodo di reazione opprimente iniziato con l'ascesa al trono di Francesco II. Tempi opachi, culturalmente miopi, ben diversi da quelli di Gluck, Haydn, Mozart e del giovane Ludwig in cui era trionfato l'illuminismo di Maria Teresa e Giuseppe II. Beethoven come Schubert era se non contro almeno lontano dal consenso piccolo borghese di epoca Biedermeier. Stile di vita comunque modesto, quello Biedermeier, sobrio e semplice come le decorazioni architettoniche che scandiscono le case del quartiere Spittelberg care a Beethoven nel cuore di Vienna o di Grinzing sulle prime colline del Wienerwald nelle cui cantine scorreva a fiumi, allora come oggi, il vino novello: superfici lisce con lievi impieghi di pilastrini, colonnine, palmette o cornici colorate attorno alle piccole finestre squadrate. Resta comunque interessante, come ha recentemente proposto "live" Andràs Schiff in un concerto non-stop di 90 minuti a Zurigo contrapponendo la Waldstein alla Sonata in Si bemolle maggiore D 960, valutare la  "simpatia stilistica" intercorsa tra i due compositori e concretata nella ricerca schubertiana di dare nuova vita proprio a quelle forme che Beethoven aveva appena estromesso dal suo reportorio.

Sopra: Beethoven Haus e sotto musicisti e compositori



Sopra: violinista e sotto quartetto alla sala piccola del Musikverein


Vienna non riuscì mai simpatica a Beethoven. Fiero e libero genio, non poteva amare "quella città artificiale e mondana che poi Wagner coprì con duro disprezzo" (Romain Rolland) . E non perdette mai occasione per allontanarsene tanto che verso il 1818 pensò seriamente di abbandonare l’Austria per andare alla corte di Gerolamo Bonaparte allora re di Varsavia.. Però la città era piena di risorse musicali ed era carica di nobili dilettanti amanti  di note e spartiti: il duca Rodolfo, allievo di Beethoven, il principe Lobkowitz e il principe Kinsky si impegnarono a dargli una pensione annua di 4000 fiorini con la sola condizione che restasse in Austria. Purtroppo furono solo promesse perché questa “pensione” non venne mai corrisposta puntualmente e cessò presto del tutto. Era cambiato l’humus con il Congresso di Vienna; la politica distraeva la società dall’arte e il gusto musicale si era spostato verso l’italianismo sedotto dalla moda di Rossini per cui Beethoven appariva solo un polveroso pedante.


Sopra: Belvedere e sotto tetto di Santo Stefano

   



Inoltre con l’autunno del 1815 Ludwig era divenuto completamente sordo e non riuscì né volle tenere relazioni con l’umanità: si murò in se stesso pur componendo capolavori dal carattere ironico, eroico e gioioso come il finale per il Quartetto opera 130, composto 4 mesi prima della sua morte nel novembre 1826, gonfio al contempo di gaiezza amarezza commozione e sofferenza ma anche di riso e sorriso.

Andrea Battaglini

INFO

wien.info

austria.info

beethovenmoves.at

visitingvienna.com

khm.at

beethovenhaus-baden.at




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