DOVE
VAI? FRANCIA-INVERNO
RICAMI DI LUCE NELLA
CAMARGUE
Sopra: vigneti e fenicotteri
D'inverno
è
un ricamo di luce. La più famosa palude d'Europa con il
maestoso delta del Piccolo e Grande Rodano, con le sue dune
bianche di sale marino, con i merletti di pietra di città
medioevali e con i suoi fenicotteri rosa che come fiori
volanti vigilano dall'alto pascoli di agili tori e cavalli
pomellati ipnotizza da sempre turisti sacri e profani. Un po’
meno forse da quando le Alpilles e Arles, architettonicamente
rugosa e annerita dal peso del tempo quanto la marina Saintes
Maries de la Mer è levigata e bianco-intonaco, attraggono il
mondo con i Rencontres internazionali di fotografia. E’
comunque nei mitigati mesi invernali che la Camargue diventa
un caleidoscopio di tinte sature e sfacciate: dal giallo oro
del grano al blu cobalto dei cieli, dal giallo senape delle cabanes
al verde argentato delle specchianti risaie, dal nero cupo dei
tori dalle corne a lyra e dal ruggine dei vigneti al
grigio-glauco-fangoso del Rodano, il fiume decantato da
Ausonio che divide in due la regione. E' insomma una pezza di
95mila ettari di tessuto provenzale, modello Souleiado.
Delimitata
a nord dalle chiare montagne lunari delle Alpilles la "palude"
si stempera nuda nel Mediterraneo argentata da stagni
e canali. Priva di volumi boschivi è instancabilmente battuta
dal vento, un fiato pungente e forte: il mitico Mistral. Con i
suoi novemila abitanti è una delle aree meno popolate di
Francia abitata da
gente adorabile che lotta ogni giorno per coltivare una terra
impregnata di sale e di acqua: affascinante da guardare ma
difficile da lavorare. Come quei bianchi deserti di dune
artificiali che sono le comelles
orientali: colline di sale alte quasi sette metri valorizzate
già nel XIII secolo e che oggi costituiscono una delle risorse
principali della regione, assieme al riso coltivato proprio
per dissalare la terra, a un po’ di grano e alla vite.
L’oasi
naturale
a sud del Delta è la più spettacolare. Un'immensa distesa
sterile ingombra di acquitrini è animata da cavalli al galoppo
e tori impigriti protagonisti in stagione della leggendaria course
à la cocarde, una specie di corrida senza feriti né
sangue che ha il suo teatro famoso nell'arena di Arles.
Convivono con palmipedi, trampolieri, rapaci e passeracei.
Anitre, martin pescatori e falchetti sfidando il Mistral di
tanto in tanto improvvisano mille voli dipingendo il cielo di
rosa e di bianco: sempre dopo aver ispezionato, a caccia di
cibo, le oblunghe nasse tubolari lasciate ad asciugare sulle
rive dai tenaci pescatori. Solo nell'etang
de Vaccares, lo stagno più grande della palude, si
pescano anguille, carpe e lucci ma soprattutto si raccolgono
le telline adagiate sui fondali di sabbia finissima. E proprio
le minute e piatte conchiglie onorano con aglio, olio,
pomodoro e prezzemolo la cucina dei bistrot di Les Saintes
Maries de la Mer.
Assopita
sotto
i fiammanti raggi solari la lattea cittadina di Saintes Maries
va vista al tramonto quando i suoi muri intonacati di bianco
si colorano di arancio e le porticine lignee sempre dipinte di
rosso, blu e giallo sprigionano i toni più caldi. Quando
l'orizzonte, più terso e trasparente, segna i confini del
grande delta prima di nasconderli nella lunga ombra notturna
gremita di stelle giallo-limone, degli astri cari a Van Gogh.
Se c'è una cosa banale è il tramonto, ma in questo lembo
provenzale di luci e colori scatena magici giochi timbrici e
tonali. Non a caso da Vincent a Cézanne molti pittori della
luce studiarono l'atmosfera provenzale e soprattutto quella
che avvolge Arles, le Alpilles e la Camargue. Meno concettuale
ma più romantico è galoppare la mattina presto tra gli stagni,
alla luce metallica dell'alba. Tra sciabolate di luce vikinga.
Non si contano gli allevamenti, le manades,
curati dai gardians,
i padri padroni della palude. Devoti a San Giorgio, il santo a
cavallo, vivono nelle cabanes
dal tetto di paglia con la "prua" inclinata a 45° rivolta
verso nord per vincere il Mistral e hanno per scettro il
tridente, utilizzato come lancia da torneo fin dal XIV secolo.
Solo la lentezza di un itinerario equestre consente di
apprezzare la natura di un paesaggio apparentemente uniforme
ma in realtà colmo di sfumature. sopra:
spiaggia di Les Saintes Maries de la Mer
sopra
e sotto: imbarcadero a Les Saintes e sotto saline
Non
possono
mancare le vestigia storiche e artistiche, in primis quelle di St. Gilles che vanta una chiesa gallo-romana la
cui ricchezza plastica e scultorea compete solo con quella più
celebre di St. Trophime ad Arles o quelle di Aigues-Mortes, la
cittadina abbandonata tutta mura, bastioni e torri fortificate
le cui creste sono così basse da sembrare emergere
naturalmente dal terreno. Fu
per ben due volte il porto d'imbarco dei crociati al servizio
di re “San” Luigi, il sovrano taumaturgo. Henry James in
viaggio da queste parti nel 1882 la considerava una gemma che
come tale dove “sfavillare”. Purtroppo James non poteva usare
aggettivo più inappropriato. La mini Carcassonne è opaca,
sonnolenta e, cotta dal sole, malinconica. Però non si è
sgretolata. sopra
il onte caro a Van Gogh e sotto: Les Saintes sopra e sotto: Arles sopra
il Rodano e sotto: mostre ad Arles
sopra
a sinistra capitello a St Gilles e a destra capitello di Santo
Trofimo ad Arles Emerge
curioso
invece il modellato rapido e rivolto a effetti pittorici dei
tre portali di St. Gilles che, soli, rappresentano l’icona
artistica della Camargue. Le pieghe tormentate e il movimento
concitato del segno scultoreo dei personaggi femminili
rappresentati all'ingresso della chiesa drammatizzano le
storie delle tre Marie: Maria Maddalena, Maria Salomè e Maria
Jacobè. La leggenda dice che assieme a Lazzaro approdarono a
bordo di una barca senza remi sulla costa della Camargue
trascinandosi Sarah, la serva di colore delle Marie che
divenne oggetto di culto da parte dei gitani. Per questo
arrivo miracolistico, e non solo a Les Saintes Maries de la
Mer, le tre donne vengono rappresentate sovente negli edifici
sacri e profani. Anche se è Sarah la vera protagonista della
festa gitana che richiama ogni primavera migliaia di zingari
in Camargue. Questioni di pelle, anche. ARRIVARE In
auto
lungo l'atostrada A10 fino a Ventimiglia quindi in Francia
fino a Salon de Provence (A8) da dove si prosegue lungo la
statale 113 fino a Arles che dista 16 chilometri dalla
Camargue. DROMIRE E MANGIARE Ci voleva il gusto di Viviane Regis, spossata dell’alta moda parigina, per creare un’oasi di otto ettari di charme selvaggio ed elegante: il Mas de la Fouque, un reserve-lodge provenzale unico in Francia (Route de petit Rhone, Saintes-Maries-de-la-Mer, www.masdelafouque.com, chiuso nel periodo Natalizio). Altrettanto silenziosi ma più economici il Mas de Clarousset (route de Cacharel, tel. 003-6-10195021, www.clarousset.com, sui 75 euro la doppia) e il Mas du Tadorne (statale n°570, www.masdutadorne.com). Per soggiorni romantici ed esclusivi conviene pernottare nelle Alpilles che distano una trentina di chilometri, a Les Baux de Provence o a Fontvielle nei Relais et Chateaux Oustau de Baumanière (baumaniere.com) o La Regalido (villa-regalido.com) che hanno anche ristoranti balsonati assai eleganti.
sopra
mercato e sotto dolci all'Oustau de Baumanière
A
parte il Mas de Peint a Le Sambuc (masdepeint.com), che è
ricavato in una masseria del XVII secolo attrezzata per promenades
a cavallo e che propone piatti mediterraneo-provenzali, in
inverno sono pochi i locali aperti nel delta del Rodano e
conviene dirottare sulla vicina Aigues Mortes da Marie Rosé
(13 rue Pasteur, tel. + 33 4 66537984) oppure in una casa del
Cinquecento dove è stato arredato Les Arcades (23,bd Gambetta,
les-arcades.fr). Nel cuore di Les Saintes Maries de la Mer Le
Bruleur de Loups (av. Leon Gambetta, tel. +33 4 90978331)
serve sempre pesce fresco. Alla Charcuterie di Arles (51 rue
des Arenes, tel.+33 4 90965696) cucinano la saporita carne di
toro in modo esemplare.
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