DOVE
VAI? FRANCIA
DRÔME:
LA STRADA DELLA LAVANDA
Sopra: lavanda (lavandin) e girasoli
Drome 1990-2020
“Finchè
ci saranno panni da lavare, si potrà fare a meno degli uomini”
cantavano le lavandaie in riva ai fiumi. Figure che hanno
ereditato il loro nome da quello di una pianta: la lavanda,
che fu così battezzata perché serviva a lavare o, distillata
in “eau de toilette”, a lavarsi. Il vero paradosso è che la
lavanda cresce solo su terreni assolati e secchi ossia scarsi
di acqua come quelli che altalenano da maggio a luglio la
provincia della Drôme nella regione di Rhone-Alpes, a sud
dell’altopiano del Vercors (nei pressi di Grenoble) e a nord
di Nyons. Tutti gli armadi provenzali conservano pile di
lenzuola e di asciugamani ben piegati e profumati con
sacchetti e bouquets di lavanda. E tutti i mercatini della
Francia meridionale proliferano di sacchetti e cesti gonfi del
magico fiore seccato. Ovunque.
sopra:
Montbrun-les-Bains e sotto coltivazioni di lavandin
Non
solo; con l’essenza oleosa di lavanda in Provenza e nella
Drôme profumano i cuscini prima di coricarsi perché gli
effluvi hanno un effetto rilassante, soporifero. Altro che
melatonina. E’ comunque un fiore che una volta era raccolto
rigorosamente a mano sui pendii delle aspre colline della
Drõme Provencale e della Drõme-Diois dove cresce a cespi
spontanea e selvatica. Oggi invece imperano le coltivazioni
regolari e geometriche del lavandin (coltivato
artificialmente) che colorano a intervalli i paesaggi del
dipartimento ritagliato nello storico Delfinato. E che,
lavanda esclusa, è aspro anche nelle architetture fortificate
dei villaggi artigliati a rilievi che sembrano mozziconi di
melassa.
L’esprit
luterano infatti si diffuse con tenacia tra il Rodano e
l’Isère segnando per due secoli anche un poderoso estro
creativo nei volumi più austero che altrove nella Francia
sud-orientale. Pur essendo una tinta difficile da usare
pittando, tanto Van Gogh che Cézanne, sono sempre stati
sollecitati dal viola, dal blu intenso e dal violetto che
prepotentemente contrastano con il verde dei campi e
interrompono la monocromia ocra dei paesaggi che incorniciano
i borghi legati in passato dalla draperie (pannifici): Crest,
Die, Dieulefit, Nyons, Montbrun-les-Bains, Buis-les-Baronnies
e perfino, ma più a nord, Romans sur l’Isère. Girasoli
permettendo però, perché il fiore color zafferano caro al
pittore olandese di tanto in tanto irrompe sonoro. Anarchico
come lo fu Vincent.
sopra:
Saint Michel a Clansayes e sotto
vicolo a Mirmande
Un
percorso per la strada della lavanda e del lavandin - anzi per
le strade che incrociano pure la celebre route Napoléon (N85)
cavalcata dallo stratega nel 1815 di ritorno dall’isola d’Elba
- sfiora isolati e arroccati villaggi medioevali di pietra
color miele e affianca sia inquietanti canyon che morbide
colline rotolanti (verso ovest). Sempre lontani dal turismo
upscale delle Alpilles, di Avignone, di Arles e dintorni.
Seccata la lavanda, spiccano sonnacchiosi piccoli villaggi
lontani dalla pazza folla: arcigni ma non cupi e curiosi così
protetti da mura e bastioni e ombreggiati da navate scarne e
vigilati da tozzi campanili. Blasonato e “gossip” bianco come
la neve e dalle forme arrotondate sta appollaiato su di un
ruvido promontorio il castello di Grignan celebrato dalla
corrispondenza della Sévigné, madama la marchesa sepolta nella
chiesa di Saint Sauveur sotto i contrafforti del castello.
Sopra
e sotto a sinistra castello di Grignan e sotto a destra chiesa
di Solerieux
Le porte
intagliate alcuni arazzi e i letti a baldacchino richiamano i
fasti della famiglia Adhémar che nel XVI secolo trasformò la
rocca in una sontuosa residenza di piacere. Le stradine del
paese che lo sorreggono si snodano inanellandosi e respirano
il profumo di rosmarino e gelsomino che si diffonde tra
giardini murati e cortili celati a occhi indiscreti. Lo
scenario di confine, dell’oltre-Drôme, è movimentato: a est
gli altipiani e le gole del Vercors; a ovest i vigneti che si
stemperano sul grande Rodano, a cominciare dai più nobili che
spremono quel Chateneuf du Pape che un tempo era considerato
un buon vino onesto ma oggi un’etichetta da capogiro; a sud il
possente fiume, pure frontiera tra cattolicesimo e
protestantesimo nei tempi che furono, serpeggia e irriga
l’abbondanza gastronomica della Provenza che però qui vanta il
torrone mielato a Montélimar e le olive di Nyons, borgo noto
come Petit Nice per le sue case in terracotta gialla che
incanalano il clima mediterraneo utile alla coltivazione delle
olive.
E’ al limite che la Drôme racconta: del “Carnevale di Romans” , detto e narrato dallo storico Le Roy Ladurie rivelando la contraddizione tra integrazione e sovversione sociale alla fine del XVI secolo in Francia. Ieri come oggi le disuguaglianze si assomigliano. Proprio sull’Isère la rivolta degli artigiani e dei contadini contro nobili e borghesi, scoppiata durante il carnevale del febbraio 1580 quando come sempre gli sfruttati utilizzavano i riti carnevaleschi per esprimere il loro malcontento tra giochi, satire e ironie, venne soppressa in un bagno di sangue. Arginando anche il protestantesimo insinuante tra le rive dell’Isère e del Rodano, ma di fatto per impinguare l’erario e pagare i soldati a servizio, i reali avevano aumentato le tasse alle classi subalterne ma non ai proprietari terrieri. La protesta venne guidata da un artigiano drappiere, detto Paumier, assai popolare perché abile nel jeu de pomme ed eletto capo della lega degli artigiani. Il Paumier il 3 febbraio del 1579 chiese l’abolizione dei privilegi fiscali dei nobili e la soppressione delle tasse sulla produzione artigianale.
Provocò
però un massacro perché i ricchi, capitanati dal giudice
Guérin difensore di aristocratici e notabili, organizzò un
carnevale alternativo chiamando in difesa ben 140 uomini
armati dalla giovane aristocrazia che uccisero i rivoltosi
paumiers a colpi di pistolet reprimendo i tentativi di
resistenza “rivoluzionaria”. Tutto senza neanche aspettare che
la lavanda fiorisse. Andrea Battaglini ladrometourisme.com
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