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2021 OTRANTO: UN MOSAICO LUNGO UN FILM

TRA CARMELO BENE E VITTORIO MATINO

 



Sopra  rosone del Duomo

Otranto aprile 2021

Protetta da bianche mura turrite, la cattedrale di Otranto è il silenzioso tempio del Salento e, sola, vale un viaggio: un viaggio lungo un film.

Sopra  soffitto cassettonato del Duomo

Entrando nel composito Duomo dell'antica Hydruntum l’occhio imprime la vastità della fabbrica e lo slancio architettonico della navata centrale sostenuta da una fuga di colonne e capitelli corinzi, dorici e ionici. Poi, inesorabilmente, cade sul magnifico mosaico pavimentale, su quei tre alberi intricati di rami e di foglie cui si appoggiano animali, uomini, mostri, diavoli e angeli che disegnano scene di pace e di guerra, di ordinata giustizia e di sconvolgente eresia. Un lungo film, una rara e antichissima pellicola di pietra giallo-pallida dipinta e srotolata per cinquantasette metri di lunghezza e montata in tre tempi: uno per ogni navata. Come in una sequenza surrealista, il mosaico è in parte costruito in "soggettiva", mostrando ciò che lo spettatore vede da un punto di vista deciso dall'autore, mentre in altre "sequenze" simboli e metafore sono oggettivamente intercalate in primo e primissimo piano. E potrebbe non finire mai, così luminoso e denso di segrete cose. Ci sono  temi biblici irrisolti, come la raffigurazione di due smisurati elefanti che, nella navata centrale, sostengono sui dorsi il ceppo annoso dell'albero della vita: forse allegoria della forza fisica e di quella morale su cui poggia la storia dell'uomo.

Sopra  Santa Maria Immacolata Sotto moasico del Duomo


  

Salendo con lo sguardo per l'intrecciate fronde si vedono scene del peccato originale intervallate a figurazioni del ciclo arturiano tra cui quella dello stesso Re Artù assalito e atterrato da un leopardo, il  "gatto di Losanna" simbolo della malvagità. Pantaleone, il presunto autore del tessellatum vitreo, ha accostato scene del vecchio e nuovo testamento inserendo storie di influenza romanica, normanna e bizantina. Tutto in montaggio alternato. Se nella navata destra prevalgono analogie dantesche con minotauri, sfingi e arpie, in quella di sinistra impera il giudizio universale con gli eletti da una parte e i reprobi dall'altra. I toni sono spenti, quasi velati dal tempo (il mosaico risale all'XI secolo circa). Ne risulta un complesso coloristico semplice, sui toni del beige, del verde e del rosso; e le immagini sono chiare, dal disegno espressivo.

  

Sopra  Castello e sotto scorcio con San Pietro


Sopra  mura e sotto stemma gentilizio

 

Sopra  a sx Castelo e a dx San Pietro e sotto bassorilievo araldico

Sopra  e sotto affreschi chiesa di San Pietro Marrtire

Sopra  capitelli affrescati di San Pietro Martire

La cattedrale che si affaccia su di una silenziosa piazzetta non lontana dalla torre alfonsina, è solo una delle perle otrantine amate dai suoi figli più illustri, il pittore cromatista Vittorio Matino, milanese di adozione, e Carmelo Bene. Il primo per decadi abitò la saracena Torre Matta fuori porta - che ora è uno spazio espositivo adibito a  mostre temporanee  -  dove dipinse le sue delicate velature cromatiche ispirato dalla luce bizantina che ammanta la Terra d'Otranto; il secondo, in vero nato a Lecce, filmò nel 1968 con maestria figurativa  e provocatoria Otranto  in “Nostra Signora dei Turchi”. "Volevamo dedicare un museo a Carmelo Bene nel Convento dei  Capuccini" dice con rammarico l'addetto al turismo del comune  Francesco Coluccia "ma le querelles tra gli eredi non liberarono oggetti e scritti appartenuti all'attore-regista-scrittore e dunque oggi il convento è vuoto. In compenso siamo riusciti ad allestire al Castello un'interattiva mostra permanente sui neolitici e astratti pittogrammi in guano di pipistrello e ocra rossa della mitica Grotte dei Cervi che, sotterranea e  lunga quasi un chilometro, è invisitabile ". Difficile sapere oltre sulle cause per cui l'omaggio a Carmelo Bene oggi (aprile 2021) si ancora irrisolto ma è probabile che  sia solo una questione di soldi. L'avidità degli eredi e i loro litigi, in genere e nella storia, sono cosa nota.

Sopra  a sx torre sracaena e a dx campagna. sotto costa presso grotta Zinzulusa

Sopra  casa-torre ex di Matino Vittorio e sotto tore saracena


Da lontano Otranto è una macchia di neve che si spec­chia compatta nel mare color kiwi. Solo le poderose mura aragonesi che la raccolgono e il maestoso rosone gotico-arabo della cattedrale che sbircia sopra i tetti bianchi delle case improntano l'o­rigine italica del paese. Punto di unione tra Oriente e Occidente, è stata per secoli il centro culturale e commerciale del Salento. Dalla preistorica Valle delle Memorie, una  conca arsa dal sole che conserva tra gli ulivi dolmen, menhir e ipogei di incerta datazione, fino alle glauche masserie settecentesche che costellano gli aspri dintorni, ogni pietra testimonia la primaria importanza della città-martire che nel 1480 fu assediata e sconvolta dai Turchi. Perfino gli insediamenti turistici sono isolati e nascosti tra accecanti arenili, folte pinete e dune sabbiose, senza de­turpare un paesaggio incontaminato e senza frangere la quiete storica che la avvolge. Le coste sono costantemente battute da un vento instancabile. Un alito caldo che scava la roccia disegnando le geometriche fessure che scorticano il litorale e che spinge imperioso decine di windsurf: emule vele  di quella di Enea che approdò nella baia di Porto Badisco, prima tappa adriatica del suo viaggio in Italia.

Sopra  e sotto pesca, pescatori, flotta e cestaio (ultima)


La ridente convalle di Badisco o Vadisco, quattro miglia a sud-est del territorio otrantino, scivola in mare tra Punta Scuru e Capo Palascia dove  il respiro dell'acqua azzurra si insinua nelle rocce frastagliate e la luce diafana  vaporizza, al tramonto, ogni orizzonte. Sui marciapiedi di terra battuta che segnano le due fila abitate di Badisco in autunno le foglie di tabacco  essiccate al sole contrastano col rosso fuoco dei mazzi di peperoncino appesi sulle mura lattee delle case. Il resto è pace e silenzio. Proprio quello coltivato per decadi da "Antoine il re del mare", un vecchio marinaio che si divertiva ad accompagnare i villeggianti per le "sue" acque. Conosceva ogni anfratto, ogni grotta, ogni cala della costa battute pescando con  i conzu ssuma, il filo per le occhiate o i conzu ppiro, lenze per saraghi o infine i conzu forte per le cernie e i dentici. Una pesca difficile tanto che un vecchio proverbio suona: "se vuoi imparare a bestemmiare, prendi un conzu e vai a mare".

Sopra valle delle Memorie e sotto particolare

Sopra  e sotto ipogeo nella Valle delle Memorie

Sopra torre saracena e sotto tabacco a essiccare


 

Altrettanta  pace è tra gli ulivi. Quelli dai rami nevrastenici sempre scossi dal vento che rivestono la valle delle Memorie scorticata da  antiche masserie, i vecchi baluardi difensivi che oggi si confondono con la terra ocra, pallida. In un raggio di  trenta chilometri sfilano  l'Abbazia di San Nicola di Casole che fu un ricco cenobio basiliano e centro di divulgazione della cultura greca fondato nel 1099 di cui oggi restano solo le navate a pilastri polistili, le mura messapiche di Rosa, la valle dell'Idro ricca di insediamenti rupestri e i laghi montani degli Alimini che, collegati da un canale, ricordano bacini dolomitici: abbracciati da un fitto bosco di conifere  furono creati durante la bonifica avvenuta nel dopoguerra proprio nei pressi dell'antica strada romana che proseguiva il corso della Via Traiana dominata dalla torre del serpe, dimezzata dal tempo, che spicca lasciva sulla co­sta del colle consapevole di essere diventata il simbolo della città.

Sopra verso grotta Zinzulusa e sotto costa e torre saracena del Serpe


 Se l'interno della celebre grotta Zinzulusa richiama passati remoti, l'interno della chiesa di San Pietro a Otranto, un poco costretta dalle intricate vie del centro, emana lo spirito bizantino tanto coltivato nel basso medioevo dagli idruntini. Le sue quattro tozze colonne che sostengono le volte a botte in quattro bracci a croce impostando una armoniosa e piccola cupola centrale cilindrica, sono tutte affrescate con iscrizione greche. Ancora una volta gli influssi classici tradiscono le strette relazioni da sempre coltivate con la terra di Omero.

 

INFO

terredotranto.it

comune.otranto.le.it

ARRIVARE

In auto da Torino, via Bologna e Ancona, sono circa 1200  chilometri. In aereo: a Brindisi e poi in treno o in corriera fino all'antica Hidruntum.

Sopra ricotta e sotto a dx nel ristorante da Sergio vetrate dipinte da Vittorio Matino e a dx tomba nel Duomo



 

MANGIARE

Da assaggiare i tubetti con le cozze cucinati "da Sergio" (tel 0836 801408): una pasta corta bucata a forma di ditale unita alle cozze aperte a crudo. Altri piatti locali, specialmente i saporiti spiedini, ricordano come i tesori d'arte la luce e le influenze greche. Tutte le carni allo squero, comprese triglie o dentici, vengono cotte alla fiamma di sterpi rinfocolata con timo o altre erbe odorose. Un sistema di cottura, chiamato anche "alla crudele", non diverso da quello usato nel Peloponneso.


DORMIRE

Arredato sui toni bianchi locali l'Hotel Albania (hotelalbania.com) è confortevole e vicino al centro storico e all'unica spiaggia del paese.

text and photos by Andrea Elvezio Battaglini are protected by European Copyrights Law: CDD April 10, 2016

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