ANDALUSIA, PROVINCIA DI JAEN

UN BALUARDO CRISTIANO IN "TERRA ARABA": CALCE VS PIETRA


Pare che la Spagna nella promozione turistica stia svalutando l'abusato orientamento di mercato. Ossia, come suggerì già Pasolini dopo il suo viaggio in uno Yemen appena aperto al mondo, modera quell'inclinazione a offrire soprattutto, se non soltanto, ciò che la maggior parte dei turisti ipoteticamente desidera con poca curiosità obnubilato dalla pubblicità. Il pentangolo iberico non rinuncia  dunque a stimolare la conoscenza e l'apprezzamento della propria storia e del proprio humus. Diversamente da tanti paesi europei non vuole svilire e omologare identità e caratteristiche culturali per adeguarsi all'over tourism low cost altrove invasivo e prepotente.


 


Sopra: Jàen. Sotto paesaggio macchiato dai paesi bianchi della frontera

La provincia di Jaén, stretta tra la Sierra Morena a nord e di Magina a sud, fu la vera terra di confine tra mondo arabo e mondo ispanico. Che non è quella sventolata dai Puelbos Blancos de la Frontera, ipnotiche macchie di neve che si sciolgono sotto il sole giaguaro. E' un limite concretato dall'uso di materiali (pietra anziché calce viva intonacata) e dalle strutture architettoniche che segnano il passaggio tra l'abbagliante architettura moresca, di cui solo il capoluogo provinciale ancora conserva semplici testimonianze nella città vecchia, e lo spirito di rinnovamento artistico occidentale manifestato dall'impronte rinascimentali provenienti dalla Castiglia-La Mancha. Anche l'architettura contadina risente dell'uso della pietra che mano a mano sostituisce la luminosa calcina nelle fattorie sparse tra gli oliveti. Sugli intonaci bianchi andalusi, che nella provincia sopravvivono soltanto a Jaén, si impone la pietra dorata giustapposta con le rigorose e austere proporzioni dei nuclei urbani di Úbeda e Baez. Il cambio cromatico, sollecitato da una radente luce nonostante la latitudine poco polverosa e meno bizantina, è immediato e sorprendente. Nei paesi bianchi della provincia di Cadice e Malaga, ad esempio, i contrasti chiaroscurali spesso allo sguardo si risolvono in superficie appiattendo drammaticamente i volumi; ma basta percorrere una cinquantina di chilometri da sud a nord tracciati tra i tronchi nodosi e lo splendore argenteo dei nevrastenici oliveti perché l'assorbimento luminoso della pietra porosa regali invece un calmo senso di solida profondità prospettica.


  

Sopra: la cattedrale di Jàen

A Baeza e Úbeda, ormai protette dall'Unesco, il tempo si è fermato nel Cinquecento. A ogni angolo dei due centri storici, esclusi dalle rotte commerciali tanto che "andar fuori tema" si dice in spagnolo anche "andar per le vie di Úbeda" ecco palazzi, chiese, fontane, stemmi o portali di crudo stile rinascimentale. Da sempre baluardi cristiani - per secoli hanno intinto le spade nel sangue dei Mori - sono composte da calda pietra "castigliana". Anche lo spirito della gente, a onor di stereotipi, è diverso da quello andaluso: meno allegro e spiritoso, più chiuso e diffidente. Nelle mesón taurine, i bar dove si discutevano senza nostalgia le ultime corride tra una tapa e una copita di vino, si stempera infatti la vivace loquela andalusa. I dialoghi diventano meno eccitati, più secchi e misurati: in tono con le proporzioni urbanistiche disegnate dagli architetti Andrés de Vandaelvira e Diego de Siloé che ebbero come tema prediletto la colonna.  Le due cittadine, disposte a nord della fertile valle del Guadalquivir - l'Eden degli arabi - sono avvicinate dalla fascinosa Sierra di Cazorla.

Sopra  Ubeda e sotto stemma scolpito


Subito riconquistate agli arabi da Ferdinando III tra il 1227 e il 1234, le due fuggitive della regione presto ospitarono nobili e cavalieri che, più tardi, divennero lucidi mecenati. I Francisco de los Cobos y Molina e i Juan Vázquez de Molina furono i "Medici andalusi". Che qui svilupparono  il simbolismo umanista e la ricchezza monumentale che avevano forgiato la concezione urbanistica in Toscana prima  e poi, tramite la confinante Castiglia, nell'angolo sperduto  della provincia di Jaén.


IN TUTTO DA JÁEN A SABIOTE = KM. 73

 

Km.0. Segni evidenti della città-ponte, tra Islam e Occidente, di Jaén sono i bagni arabi nel barrio della Maddalena. Per vedere le sale termali rette da archi di stile granadino bisogna entrare nel severo  palazzo rinascimentale di Villadompardo fatto costruire dal viceré del Perù proprio sopra alle cupole e ai lucernari arabi dell'XI e XII secolo. I bagni constano di un vestibolo di ingresso, di una sala "fredda" e di una "temperata" a pianta quadrata sovrastata da una cupola semisferica in cotto appoggiata a otto archi e illuminata da dodici lucernari. La sala "calda" infine é rettangolare (15 x 3,25 m.) con colonne e capitelli geometrici. Sono stati straordinariamente restaurati. Il consueto tessuto musulmano di vicoletti bianchi introduce il Palacio de los Reyes, oggi archivio comunale, che ostenta un portale d'ingresso disegnato da Andrés de Vandaelvira, l'architetto che importò dall'Italia lo stile rinascimentale e che progettò buona parte delle  prossime città cinquecentesche di Úbeda e Baeza.

Sopra : valle del Guadalquivir

Anche la stupenda chiesa di San Andrés, che da sola vale il viaggio, è un esempio del connubio tra le due civiltà. In un tempio musulmano di cui restano il pulpito e il soffitto mudejar  rischiarati a giorno dalle  luminosità delle navate, ai primi del Cinquecento venne introdotta una doppia griglia  in ferro battuto e dipinto dal Maestro Bartolomé nel 1515 a protezione della Santa Capilla dove troneggia una pala umanista di Juan de Borgogna che dialoga con il piccolo pulpito arabescato. Pure il minuto patio che separa la chiesa della sacrestia ha l'impronta rigorosa del Rinascimento: porta alla sagrestia che ostenta un bel soffitto artesonado intagliato a foglie trilobate e protegge oscuri mobili castigliani tra cui un armadio monumentale del 1653 e una cassettiera sopra cui campeggia un crocefisso anonimo del primo Seicento che si riflette su due specchiere ispaniche dorate. Un ipnotico melange dove. Nella sala del Gubierno, al primo piano del museo di san Andrés gestito da una confraternita di duecento membri, si conservano candelabri lignei, una magnifica lampada in argento lavorata nel 1731 dal maestro rafael de Martos, un collezione di sedici libri sacri del Cinque e Seicento, angeli e putti scolpiti nel XVII secolo e tele influenzate da Van Dyck.




Sopra : scorcio della valle del Guadalquivir con sfondo (foto sotto) della Sierra Nevada





Se si sale al Castillo de Santa Catalina, ora Parador, il colpo d'occhio sulla città è significativo. Il reticolo bianco del vecchio nucleo moresco è costellato da numerosi e  austeri edifici in pietra. Mentre la facciata della grandiosa Catedral svetta su tutto stagliandosi contro il paesaggio montano della sierra gonfia di querceti, creste di terra rossa e, immancabili, olivi. Della cattedrale, il monumento più lodato dalle guide ufficiali, oltre alla facciata meridionale di Vandaelvira con loggia e portale rinascimentali incuriosisce la  cappella del Santissimo Sacramento che raccoglie un altare barocco e due tele settecentesche, italiane, sulla vita di San Benito. Più eloquente e decorativo l'altare ovale barocco della cappella de los Arcangeles con tele di scuola di Zurbáran.



Sopra e sotto :Baeza

km 48. Per raggiungere Baeza si percorrono tra gli olivi le statali N.323 e 321 attraversando la fertile valle del Guadalquivir e il ponte del Obispo, del XVI secolo, anticipato da un grande avviso in pietra che in passato intimava ai viandanti di pagare il pedaggio con l'orazione di una preghiera dedicata alla Vergine Maria. In certi anfratti della Loma de Baeza a meridione abbagliano i picchi conici innevati della Sierra Nevada.



Sopra  stemma scolpito a Baeza  e sotto Ubeda

BAEZA

I cinquanta edifici rinascimentali di Baeza, città universitaria dove insegnò francese il poeta Antonio Machado, si stringono intorno alla cattedrale di Vandaelvira, al decorato Palazzo di Jabalquinto che ostenta speroni e punte di diamante e al municipio plateresco tutto stemmi, fregi e balconi. Culla della Riconquista, alcune strofe di frontiera rendono fede alle vicissitudini di Ferdinando III il Santo: "Mori, mori miei, che avete vinto ai miei soldati, distruggetemi Beaza, quella località infuocata". Cuore della città vecchia è la piazza del mercato, animata da cafeterias e negozietti sotto i portici che inquadrano l'ariosa torre degli Aliatares, di cifra ancora musulmana, segnata dall'orologio pubblico ai cui piedi sta l'antico Posito, il deposito del grano circondato da case concistoriali con doppie gallerie ad archi.

Sopra e sotto interni chesa Sacra Capilla del Salvador

 

Sotto: particolare a Baeza 


La Piazza del Popolo è l'ipnotico insieme più rappresentativo del nucleo storico. Al centro si erge la fontana dei leoni che sonnacchiosi a capo chino guardano l'arco di ingresso della porta di Jáen eretta nel 1521; ai lati inchiodano lo sguardo la facciata plateresca della Casa del Popolo e quella a due ordini con galleria della vecchia macelleria. Risalendo la via del conte di Romanones fa capolino la sede dell'antica Università fondata nel 1542, oggi Internazionale: lo stesso ateneo dove impartì lezioni Antonio Machado (vedi box). A due passi - ma tutto il cuore di Baeza si gira in un paio di ore e lentamente - impera il palazzo di Jabalquinto che ha una curiosa facciata riccamente decorata con motivi a punta di diamante e contrafforti rotondi rifiniti in mozarabico. Sorprendente il cortile rinascimentale ferito da una scalinata barocca. La cattedrale è l'unico neo. Ha subito numerosi rimaneggiamenti eppur conserva una preziosa cancellata in ferro dipinto del maestro Bartolomé. Imperdibile dunque la facciata plateresca del Palazzo della Giustizia e Prigione, oggi municipio, dove il plateresco andaluso si fonde alle forme italiane secondo i canoni di Vandelvira. E' annunciato dal frontespizio dove irrompono balconi ornati con fregi rinascimentali alternati agli scudi di Filippo II.



Sopra e sotto monumenti in pietra color miele a Ubeda e Baeza



Il resto è uno scorrere di stradine delimitate da palazzetti blasonati. Lungo le mura si alternano terrazze da cui la vista si perde in trasparenti lontananze nella valle del Guadalquivir. La collina su cui sorge Baeza degrada verso il fiume abbracciata dalla catena montuosa di Cazorla e di Mágina ritagliata nel cielo azzurro-opaco. Suggestivo è vedere Baeza durante la Pasqua quando la Cerimonia del Paso, nome con il quale si conosce l'incontro di Cristo con la Veronica, San Giovanni e la Vergine, illumina di ceri  le belle facciate patrizie che concretano il canovaccio rinascimentale.



Sotto e sopra: monumenti in pietra color miele a Ubeda e Baeza


I

Km.57 ÚBEDA

Nove chilometri separano Baeza da Úbeda. Richiama un borgo toscano trapiantato negli oliveti della pre-sierra di Cazorla. Come Baeza rappresenta un mondo a parte, in Andalusia.

Sopra: piazza del Popolo a Baeza dettaglio

I monumenti si raccolgono intorno alla Piazza di Vazquez di Molina dove si affacciano l'elaborata Sacra Capilla del Salvador, la severa Casa de las Cadenas, oggi municipio, il nobile palazzo-Parador Condestable Dávolos e la chiesa Santa Maria de los Reales Alcázares. Lo stile italiano è qui più puro che altrove in Spagna. Un capolavoro di intimità architettonica dove ci si sente in un salone armonioso e prezioso. La Sacra  Capilla del Salvador ha una facciata fantastica che rappresenta la salita di Cristo al monte Tabor. E all'interno l'altare maggiore, opera del Berruguete, è anticipato da una cancellata superba scolpita ad altorilievi. Fu modellata da Andrés de Vandelvira per il mecenate Francisco de los Cobos, segretario di Carlo V:  un Pantheon armonioso e prezioso da dove con la coda dell'occhio si intravvede l'ingresso rinascimentale, ma stranamente obliquo, della sagrestia che annulla la vecchia simmetria concepita dal maestro di Andrés, de Siloé, a Casa de las Torres. Magnifici doccioni, sia in centro che nel secondo ordine del patio, salutano i curiosi. E' artigliata da due torrioni che racchiudono la parte frontale in stile plateresco. L'unico elemento arabeggiante rimasto a Úbeda é l'elegante casa mudejar al n°6 di calle Cervantes dove è stato ricavato un museo archeologico ricco anche di ceramiche musulmane. Anche in calle del Rosal al n° 7 un palazzo patrizio è annunciato da uno zoccolo di azulejos e da tipici balconcini in ferro nero battuto. Ma un portale stretto tra due cariatidi che reggono un grande scudo provato dal tempo tradisce anche qui  rimaneggiamenti rinascimentali.


Sotto Santiago Hospital de Ubeda  e sopra: Sacra Capilla a Ubeda

Km.73. IL CASTELLO DI SABIOTE

Uno stretto nastro asfaltato sale da Úbeda a Sabiote, un villaggio ancora moresco la cui parrocchiale gotico-isabellina di San Pedro conta un straordinario portale, disegnato dall'allievo di Vandaelvira Alonso Barba con arco a tutto sesto, timpano e colonnine scanalate su cui poggiano capitelli corinzi.  Sotto il timpano due santi raccolti tra colonnine strozzate abbellisco l'ingresso. L'elemento rinascimentale, circondato da case solariegas,  è qui il castello militare e fortificato - simile alle fortezze disegnate da Francesco di Giorgio Martini  - che è "male in arnese" ma affascina proprio perché la natura si sta riprendendo tra le pietre color miele  lo spazio rubatogli nel XVI secolo. La vista sulla sierra dalla terrazza è magnificamente malinconica.

Sotto e sopra: castello di Sabiote

Sotto e sopra : pirana con esca di carne 


LA SIERRA DI CAZORLA

Uno dei paesaggi più intatti e odorosi di Spagna (timo e rosmarino  imperano) si manifesta nella Sierra di Cazorla. E' un'isola verde, ritagliata tra le steppe semidesertiche della meseta, gonfia di boschi irregolari, prati verde kiwi, gole frastagliate e ruscelli di acqua chiara che per secoli fu la riserva di legname con cui forgiarono l'invincibile flotta spagnola. Pioppi, querce nodose, ampi boschi di larici, pini e abeti neri accompagnano le passeggiate nei sentieri percorsi anche da tremila cervi, mufloni, cinghiali, stambecchi e volpi. La Sierra de Cazorla è frequentata soprattutto dai botanici perché la flora conta 1300 specie diverse che colorano le pendici dove si annidano aquile reali, falchi e i rompiossa, avvoltoi dall'apertura alare di circa tre metri. Un gradevole itinerario passa per il castello dei Templari La Iruela, entra nel Parco al Passo de la Paloma - dove si allarga una  terrazza panoramica a 1200 metri di altitudine  - e, dopo 17 chilometri,  conduce all'inizio di un  sentiero che fiancheggia il rio Borosa fino a una gola profonda (4 km per 3 ore e mezzo di cammino). Si può anche perlustrare una riserva di caccia all'altezza del Parque Cinegético popolata da cervi : è una breve camminata in salita abbastanza faticosa compensata da una dirompente vista sul pittoresco lago artificiale El Tranco (raggiungibile anche in auto) incorniciato da montagne smussate. Dista da Úbeda una sessantina di chilometri snodati a sud-est (strada C-3217).

ANDREA BATTAGLINI


SCHEDA

 INFO

tourspain.es

spain.info

turismodeubeda.com

baezaturismo.com

ARRIVARE

Fly&drive.A Malaga in aereo con iberia.com, easyjet.com, vueling.com e poi in auto per 240 km via Granada e Jaen

CLIMA

Il clima varia molto: è temperato e mediterraneo anche in primavera perché riceve correnti fredde dalla Sierra Morena. Di giorno il sole è comunque generoso e caldo ma la sera anche in estate la temperatura rinfresca.

 

DOVE DORMIRE

Vista impressionate sulla meseta dal Parador Castillo de Santa Catalina di Jaén (C.tra del Castillo, paradoresofspain.com).Dalle camere, arredate in stile andaluso con mobili scuri intagliati, il panorama abbraccia il corso del Guadalquivir e la Sierra Morena. A Úbeda in un  palazzo rinascimentale del Cinquecento, con un bellissimo cortile a due ordini, è stato ricavato il Parador Condestable Dàvolos (Plaza Vazquez de Molina 1, paradoresofspain.com ). Si affaccia sulla piazza più interessante di Úbeda proprio di fianco alla Sacra Capilla de Salvador. Gli interni sono in stile rinascimentale con alcuni mobili d'epoca.


 

COSA E DOVE MANGIARE

La cucina è quella tipica andalusa dell'entroterra: dalla cacciagione alla caldereta (stufato) di agnello e agli ottimi insaccati della serranìa. Quasi tutti i piatti sono cucinati con olio locale che abbonda. Tra le specialità gustose la pipirrana a base di pomodori, peperoni, cipolle, tonno e uova e le empandas di Úbeda, panzerottini ripieni di asparagi, cuori di carciofo, pomodoro, uova e cipolle. In estate immancabili i gazpachos.  Ottime come sempre in Spagna le tapas di pesce e di prosciutto serrano.  Specializzati nella cucina regionale El Gallo Rojo di Úbeda  e  Juanito a Baeza.


 

ARTIGIANATO DI ÚBEDA

 

Famosa la ceramica di Úbeda, che è generalmente dipinta di verde, e che ha il suo protagonista nel pluripremiato Paco Tito (calle Valencia 22) la cui bottega è stata in parte trasformata in museo. Nella via di Valenza, oltre la Porta del Losal, ci sono ceramisti che espongono otri e recipienti per l'olio (alcuzas e aceiteras) sui marciapiedi dove lasciano i lavori a essiccare. Sempre nella stessa via interessante la manifattura di scudi su piastrelle. Anche gli artigiani dello sparto diedero vita a una copiosa produzione del cordame e della cesteria.


 

ANTONIO MACHADO A BAEZA

Ai primi del Novecento del secolo scorso nella cinquecentesca sede universitaria di Baeza insegnò per circa cinque anni il poeta Antonio Machado. Gli anni di Baeza furono fecondi ma furono anche anni di solitudine. Il poeta aveva chiesto il trasferimento da Soria dopo la morte dell'amata Eleonora. Nelle calli rinascimentali divise il suo tempo tra lezioni di francese, studi filosofici e passeggiate per la campagna che lo portavano fino a Úbeda: "campagna di Baeza, ti sognerò quando non ti vedrò più..." scrisse nei suoi diari. Nell'ampio cortile a doppia arcata e soffitto artesonado dell'Università è stato eretto un semplice monumento in sua memoria.  La poetica di Machado, che partecipò attivamente alla guerra del 1914 schierandosi per la Repubblica, fu essenzialmente soggettivistica: una sintesi di tessuto paesistico e mentalità provinciale. La solitudine degli anni di Baeza lo spinse a coltivare un immobilismo trascendentale, per Machado condizione tipica dell'uomo borghese.  Tutta la sua poesia, purissima,  ruota intorno alla sovrapposizione di paesaggio esteriore e paesaggio interiore (anche nella giovanile raccolta "Solitudini", 1903). Un melange con cui riuscì a creare un sereno legame tra il senso della novità e il bisogno di riallacciarsi alla tradizione popolare e immaginativa ("Pagine scelte", 1912).

text and photos by Andrea Elvezio Battaglini are protected by European Copyrights Law: CDD April 10, 2016

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